Un capitolo della battaglia dei convogli. L’affondamento di Oceania e Neptunia.
![]() |
Il Geniere Leonardo Carone |
16 settembre dell’ anno XIX E.F. (1941) , dal porto di Taranto tre grosse unità stanno imbarcando truppe e materiali per il fronte africano. Pronte a salpare ci sono tre delle più moderne navi della Regia Marina, capaci di raggiungere una velocità di 20 nodi; sono le motonavi Vulcania , con una stazza di 24500 tonnellate e le gemelle Neptunia ed Oceania, di 19500 tonnellate ciascuna. Ben cinque cacciatorpediniere fanno da scorta: Nicoloso Da Recco, Antonio Da Noli, Emanuele Pessagno, Antoniotto Usodimare ed il più recente Vincenzo Gioberti.
Mi
sembrava di essere li, al fianco di mio nonno, Geniere Leonardo Carone , classe
1921, pronto a salire su quella nave, l’ Oceania. Tra le storie ed avventure di
guerra che mi raccontava questa era la mia preferita.
Le
voci che trapelavano sul viaggio non erano rassicuranti. Si diceva che gli inglesi
li attendessero al varco. Per tale motivo le indicazioni erano di tenere una
rotta ad una distanza sempre superiore alle 120 miglia ad est di Malta, oltre
il raggio d’azione degli aerosiluranti della RAF in postazione sull’ isola.
“Rimasi
sul ponte a vedere la partenza, le luci del porto di Taranto che si
allontanavano. Guardavo in basso il mare, nero, profondo, pensando al fatto che
non sapessi nuotare, ma la nave era così grande che dava un senso di sicurezza.
Molti soldati, sia tedeschi che italiani rimasero sul ponte col giubbetto di
salvataggio anziché scendere nelle cuccette . Io presi posto nella cuccetta
nella cabina N° 557; con i camerati giocammo un po’ a carte, si rideva, il
viaggio proseguiva nel migliore dei modi. Sistemai a portata di mano il
giubbotto salvagente, rimasi vestito e mi stesi sul lettino anche se non
riuscii a dormire”.
Durante
viaggio gli incrociatori Da Noli e Gioberti effettuano a scopo dissuasivo dei
lanci di bombe di profondità. Sono lanci alla cieca per tenere lontani possibili
avvicinamenti dei sottomarini inglesi.
18
settembre. Mancano poche ore di navigazione per raggiungere Tripoli, ma alle
04:06 di mattina un forte boato squarcia il silenzio. Il Neptunia viene colpita
da un siluro.
![]() |
Affondamento dell' Oceania |
Affondamento dell’Oceania
“
Sentii una forte esplosione che non potrò mai dimenticare, il cuore iniziò a
battere forte ed ancora di più quando sentii il suono del secondo siluro che si
avvicinava e che purtroppo andò a segno anche sulla mia nave, l’ Oceania. Quel
suono terribile, come un fischio prima dell’esplosione, che si faceva sempre
più forte non lo si può descrivere. Mi precipitai sul ponte di coperta.
L’allarme suonava ed il capitano diceva a tutti che la situazione era sotto
controllo, di indossare i giubbotti di salvataggio e di rimanere sul ponte. La
nave non aveva riportato danni particolari, ma imbarcava acqua. Mi accorsi,
guardando come riferimento le linee mimetiche disegnate sul fianco della nave
che pian piano stavamo affondando verso poppa”.
I
convogli mantennero una rotta tale da portarli a una distanza da Malta
superiore all'autonomia dei velivoli nemici basati sull'isola, tuttavia, il
dispositivo di contrasto della Royal Navy comprendeva anche i sommergibili
Unbeaten, Upright, Upholder e Ursula dislocati a levante di Tripoli, sulla
direttrice del 15° meridiano Est. I quattro sommergibili inglesi formarono una
linea trasversale rispetto la rotta più probabile dei trasporti italiani. Fu
proprio l'Upholder - posto al comando del celebre Lieutenant-Commander David
Wanklyn, a far partire una salva di 4 siluri lanciati a ventaglio che
raggiunsero sia l'Oceania che il Neptunia
Immediatamente
dal Da Recco, caposcorta (capitano di vascello Stanislao Esposito) partì
l'ordine al cacciatorpediniere Usodimare ed al Vulcania di proseguire, mentre
le altre navi avrebbero prestato soccorso ai piroscafi colpiti.
Affondamento del Neptunia |
Affondamento del Neptunia
Il
Neptunia affondava più velocemente, continuava ad accostare sulla sinistra; era
stato colpito sotto la chiglia all'altezza della stiva n°4, con le motrici
principali ferme, senza energia elettrica e con il timone bloccato. Alle 06:50
colò a picco con la poppa in verticale. L’ Oceania benché con i propulsori
completamente fuori uso non era del tutto condannata. “Il capitano continuava a
dire di mantenere la calma”. Decise di trasbordare le truppe sul
cacciatorpediniere Pessagno, riuscendo già entro le 7.30 a mettere in salvo
2000 uomini . Frattanto il sommergibile Upholder che non si era allontanato
troppo dalla zona se non quanto bastava per sfuggire ad un’eventuale caccia da
parte della scorta, riuscì a lanciare una coppia di siluri contro l'Oceania,
proprio nel delicato momento in cui questo stava per essere trainato;
“Il
capitano gridò: - si salvi chi può! Mi calai in mare e fui aiutato dai tedeschi
che mi fecero salire su una zattera in attesa di essere recuperati dal
cacciatorpediniere”.
Alle
08.57, a 60 miglia nautiche dal porto di Tripoli, il mare si chiude anche sulla
sfortunata Oceania.
Sulle
due navi erano imbarcati 5818 militari: le vittime furono 384.
Mio
nonno fortunatamente si salvo e proseguì la sua avventura nel Nordafrica per
poi continuare a prestare il suo servizio durante la guerra di liberazione
nella 51ₐ
compagnia
teleradio nel gruppo di combattimento Legnano. Le sue storie rimarranno sempre
indelebili nei miei ricordi.


