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Una foto del Capitano che indossa l'uniforme mod. 902 con le mostrine del 9° Reggimento "Regina" |
Il seguente resoconto è tratto da un libretto che la famiglia del defunto Ufficiale fece stampare per tramandare ai posteri le gesta di questo coraggioso. Libretto che ho avuto la fortuna di recuperare assieme ad una sua uniforme.
Giovan Battista Acanfora nacque a Militello, in Sicilia, il 25 ottobre del 1885, suo padre era un Ricevitore del Regno e, per seguire il padre nel suo ufficiò, si trasferì con il resto della famiglia a Taranto.
Ancora in giovane età perse l’affetto del padre e,ormai a guida della numerosa famiglia, condusse virtuosamente i propri studi ,dai quali aveva come unica distrazione quella di simulare antiche battaglie con isoldatini di piombo e di combattere scherzosamente in compagnia dei propri amici che spesso comandava come piccolo ufficiale.
Sempre a Taranto consegui il diploma liceale presso l’istituto “Archita”, nel 1905 si iscrisse all’Accademia Militare di Modena dalla quale, nel 1907, uscì col grado di Sottotenente, e destinato al 29° Reggimento Fanteria.
Prestò servizio, distinguendosi, durante il terremoto calabro-siculo del 1908 e durante l’epidemia colerica a Barletta. Il 31 dicembre del 1910 fu promosso Capitano e con questo grado gli furono assegnati incarichi di responsabilità che lo videro ufficiale della compagnia di disciplina a Francavilla Fontana e poi comandante delle carceri militari di Piacenza e Bari.
Allo scoppio della guerra in Europa si trovava a Taranto, presso il 9° Reggimento Fanteria “Regina” e, pur non essendo attivo nel promuovere l’intervento dell’Italia in quello che sarebbe divenuto il primo conflitto mondiale, cosa che il suo incarico gli impediva, non nascondeva le proprie idee irredentiste.
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L'uniforme del Cap. Acanfora |
Celando un difetto organico, che gli avrebbe permesso di essere esonerato dalle fatiche di guerra, partì con il 139° Reggimento per il fronte.
Giunse l’ordine di espugnazione del San Michele. Il 139°, che stava nelle retrovie, doveva passare agli avamposti per appoggiare altri reggimenti, che già si erano impegnati nella mischia. Dopo tre giorni di marcia, senza che il reggimento fosse adeguatamente rifornito, il Capitano Acanfora giunse a destinazione.
All’alba del 25 luglio del 1915 il 139° , senza aver riposato, entrò in azione, il Capitano Acanfora con la sua compagnia operò nel primo assalto alle trincee austriache.
Quanto segue è tratto dal resoconto della battaglia narrato dai testimoni e riportato nel libretto commemorativo sopra citato:
Ferito la prima volta al braccio destro passò l’arma alla mano sinistra , come asseriscono o testimoni del suo valore, e continuò ad eccitare i soldati alla gloria ed alla pugna. Il suo eroismo fu domato, ma non vinto, da una palla a scoppio usata dai calpestatori delle leggi internazionali, palla che, avendolo colpito alla coscia destra, circa dieci centimetri sopra la rotella del ginocchio, produsse tale frattura dell’arto, che l’eroico Capitano cadde, per non più rialzarsi. Alcuni suoi Soldati cercarono di trarlo da quel luogo divenuto infernale, per condurlo al più vicino posto di medicazione, che era però ben lungi, laggiù, a valle, ma Egli non volle e preferì che i suoi lo vendicassero, piuttosto che si sottraessero alla mischia.
E “qui bisogna coprirsi di gloria o morire tutti” furono le sue incoraggianti ultime parole. La mischia durò per altre lunghe ore, micidiale, e, quando alla sospensione del fuoco le barelle dovevano raccogliere i feriti, GIOVANNI ACANFORA, che aveva baciato la bandiera prima che questa da lui si allontanasse, fu trovato cadavere, con il volto atteggiato, non a terrore, ma a sorriso, come se lieto fosse rimasto della sua fine.
La seguente è, invece, la motivazione con la quale fu decorato della Medaglia di Bronzo al Valor Militare:
Dopo tre giorni di azioni di fuoco, compiute dalle trincee, condusse con slancio ed ardimento la sua compagnia all’assalto delle posizioni nemiche. Cadde valorosamente, alla testa del reparto, sul ciglio della posizione conquistata.
Monte S. Michele, 26 luglio 1915
La morte del Capitano Acanfora fu accolta a Taranto, sua città d’adozione, con vero cordoglio, il suo nome venne inciso sulla lapide del Liceo “Archita” insieme a quelli degli studenti caduti sui campi di battaglia.
Buongiorno, ho visto con piacere e molto interesse quanto è stato scritto sul Cap.Giovanni Battista Acanfora, questo perché il Capitano Acanfora era il mio nonno paterno del quale porto il nome e conservo molti ricordi ereditati da mio padre Gen. Antonino Acanfora e da mia nonna Giuseppina moglie del Cap. Acanfora. Mi ha fatto molto effetto sapere che è stata conservata la sua divisa e il libretto edito da mia nonna.
RispondiEliminaMi piacerebbe mettermi in contatto con chi cura il blog.
i miei contatti sono: Giovanni Battista Acanfora abito a Bagno a Ripoli in provincia di Firenze la mia mail è gioacanfor@gmail.com il cellulare 335 5437777.