venerdì 16 dicembre 2011

Sottotenente De Pasquale Giuseppe, classe 1904

Di seguito riporto i cenni riassuntivi della carriera militare del mio Bis-nonno,  Prof. Giuseppe De Pasquale; più delle notizie,tratte dal foglio matricolare dell’Ufficiale, e pertanto povere dal punto di vista descrittivo, molto più evocative sono le numerose foto che ho ereditato, pubblico in questa pagina le più  significative.
154a Legione CC.NN in Africa Settentrionale

Il 26/08/1939 è mobilitato , per esigenze  speciali, nella 154° Legione CC.NN, con la quale legione parte in Africa Settentrionale dove frequenta con esito positivo il corso Allievi Ufficiali di Complemento di Fanteria presso il 115° Reggimento a Derna.


Inbarcatosi il 27 aprile 1940 a Derna sbarca a Siracusa il 30 dello stesso mese, il 1° maggio 1940 viene posto  in congedo presso il distretto militare di Taranto.
Il Primo giugno 1940 viene nominato Sottotenente di Complemento e destinato, il 13 dicembre, per il servizio di prima nomina, al deposito 48°Reggiemento Fanteria “Ferrara”  in Bari, un mese dopo è ricollocato in congedo per ultimato servizio di prima nomina.
il STen. De Pasquale con l'Uniforme mod. 34 del 48°Reggimento "Ferrara"

Il 25 giugno del 1942 viene richiamato alle armi  d’autorità presso il Comando Difesa Territoriale di Bari , il 10 luglio  del 1942 viene trasferito alla Censura Militare di Bari e assegnato al Reparto Censura del comando della Divisione “La Spezia”, il 14 novembre viene trasferito alla Censura Militare di Guerra di Gorizia.


Gorizia
Il STen. De Pasquale con l'Uniforme mod. 40 del Reggimento "La Spezia"

Foto ricordo inviata dal STen. De Pasquale alla mia Bis-Nonna Isa
Sottrattosi , dopo l’ 8 settembre 1943, alla cattura  in territorio metropolitano occupato dalle truppe tedesche tenta di congiungersi ad un Comando italiano. In seguito alla liberazione del Veneto da parte delle truppe alleate raggiunge Taranto dove si presenta al proprio distretto di appartenenza.

Il STen. De Pasquale con la famiglia

mercoledì 2 novembre 2011

Soldato Evangelista Natalino, Classe 1923 - 9° Reggimento Regina, Rodi

Intervista del  23 ottobre 2011




Addestramento
Nel gennaio del 1943 ricevetti il primo addestramento  a Catanzaro, l’esperienza durò un paio di mesi, passati i quali, fui trasferito a Ponte Cagnano (Salerno) per ulteriore istruzione militare. Ci fu distribuito vestiario pesante adatto ai climi rigidi della Russia, nostra iniziale meta, poi il capovolgimento degli eventi e la ritirata dell’ARMIR, ormai in rotta,  costrinse il Comando Generale ad assegnarci una nuova destinazione,  restituimmo l’equipaggiamento e ce ne fu consegnato di più leggero, consono al clima delle isole dell’Egeo.
Verso il mese di giugno ci imbarcammo da Brindisi sulla Regia Nave “Italia” in direzione di Rodi.

La Guerra
La divisione doveva presidiare l’Isola di Rodi, compito che svolgemmo assieme all’alleato tedesco con il quale i rapporti, fino all’8 settembre, furono sempre cordiali.

Dopo l’8 settembre
In quei giorni prestavo servizio di guardia presso il Comando Generale in Campo di Chiari; il giorno 9 arrivò un telegramma (si tratta del telegramma 24202 nda) in cui il Comando supremo dava confuse disposizioni in merito al comportamento da tenere nei confronti dell’ex-alleato, di fatto la Divisione era “…libera assumere verso germanici atteggiamento che riterrà più conforme at situazione…”  Seguirono, nei giorni successivi, furiosi e confusi combattimenti con i Tedeschi, aiuti delle truppe anglo-americane furono attesi inutilmente, e, nonostante alcune iniziali vittorie, l’Ammiraglio Campioni decise di arrendersi al Gen. Kleemann che si era recato a parlamentare al Comando italiano.

La deportazione e l’esperienza da IMI
In seguito alla resa i tedeschi radunarono gli ex-alleati, disarmati, nella piazza d’armi del Comando. Il primo mese lo trascorremmo a Rodi, sotto il comando tedesco. Dormivamo all’aperto, con qualsiasi condizione meteorologica, per mangiare ci si arrangiava, mangiavamo verdure ed erba cotta nell’acqua di mare insieme ad occasionali aiuti da parte dei civili, credo che siano passati anni prima che l’erba abbia ricominciato a crescere folta in quei luoghi; naturalmente era esclusa qualsiasi possibilità di comunicare con le nostre famiglie. In seguito, con aerovelivoli  Junker ,fummo trasportati nel Pireo, dove, per un mese, fummo impiegati come forza lavoro e utilizzati nel carico e scarico di casse di munizioni. Da qui, su tradotte per il trasporto del bestiame, in circa 60-70 uomini per vagone, fummo spostati, con un interminabile viaggio di 13 notti e 12 giorni, attraverso i Balcani, fino alla Germania. Giunti a destinazione fummo “parcheggiati” in un grande capannone, ci furono tolti i vestiti, fummo rasati “sopra e sotto” e così, nudi come vermi, fummo disinfettati con spennellate di creolina. Da quel momento diventammo IMI, internati militari italiani, qualifica che, a differenza di “prigionieri di guerra” ci rendeva utilizzabili nei lavori forzati, in barba alla convenzione di Ginevra. Fummo  portati, poi,  in un  campo di concentramento vicino Lipsia, lo IV Stamlager B di Mulberg  era all’incirca  novembre. Ogni mattina venivamo svegliati alle 5, e in fila per 5, anche sotto la neve, rispondevamo all’appello e venivamo contati, ogni giorno ci veniva chiesto se volevamo combattere al fianco dei tedeschi o aderire alla Repubblica Sociale; quando mi fu chiesto risposi che onoravo un unico giuramento, quello fatto al Re d’Italia, e rifiutai categoricamente, il soldato tedesco , allora mi disse, con fare arcigno: “molto coraggioso Italiano”.
Alle 11 ci veniva dato un mestolo di brodaglia (sciacquatura di marmitta) e un pezzo di pane nero fatto in gran parte di segatura di Betulla. Come facilmente intuibile, in quelle condizioni, fioriva il mercato nero: scambiavamo con gli inglesi del campo confinante anelli, cinte e piccoli oggetti personali con pane e sigarette. Dopo l’appello venivamo portati a Lipsia, inquadrati nuovamente in piazza  dove venivamo prelevati dalle varie ditte e impiegati per i lavori più umili e faticosi tra i quali c’era lo sgombero delle macerie; c’è da dire che alcuni padroni delle ditte ci davano qualcosa da mangiare, non troppo però, per evitare punizioni da parte dei soldati; la sera venivamo riportati al campo.
Ogni baracca aveva un capo baracca, solitamente uomini troppo avanti con gli anni per servire nell’esercito, nel mio caso era un ex maresciallo della WH, dai modi bruschi. Negli ultimi mesi di guerra i guardiani, che furono richiamati alle armi per la difesa della Germania, furono sostituiti dalle Kapo donne che umiliavano i prigionieri, ormai stremati,  con frustate e calci. Ci facevano aspettare per ore  al freddo e sotto la neve l’arrivo del comandante del campo e ogni tanto qualcuno cadeva svenuto e portato in infermeria. Non ci fu mai nessun tentativo di fuga dal campo, eravamo troppo deboli.

La liberazione
Pochi mesi prima della fine delle ostilità fummo trasferiti, via treno, nella foresta delle Ardenne dove fummo impiegati nella costruzione di trincee e opere difensive tedesche. Ci trovavamo,in questa situazione, tra i fuochi dei due eserciti. Dopo qualche giorno ci fu la controffensiva americana, i tedeschi si ritirarono e fummo liberati. Gli americani distribuirono ,frettolosamente, cibo al quale non eravamo  più abituati e ciò causò la morte di alcuni internati. Seguì quindi un  periodo di quarantena ,dopo il quale,  fummo liberati e rimpatriati via treno fino a Terni, io proseguii a piedi e con mezzi di fortuna fino ad Onna dove trovai la notizia della fucilazione  di mio  fratello ,Evangelista Antonio, (ancora minorenne 18 anni -2 giorni)da parte dei tedeschi l’11 giugno del 1944 (martirio di Onna).  Dopo un paio di mesi tornò a casa  l’altro mio  fratello, Massimo Evangelista ,catturato dagli inglesi ad El Alamein anni prima.


venerdì 7 ottobre 2011

Miles Forum

Pubblico per gli appassionati di storia e uniformologia il link di un interessantissimo Forum, sullo stesso si trovano molti pezzi della mia collezione, è inoltre frequentato dalle più autorevoli firme in fatto di storia militare italiana!



sabato 24 settembre 2011

Testimonianza del Sig. Francesco Lavarra, Bombardamento alleato su Taranto

Testimonianza del sig. Francesco Lavarra, all'epoca spensierato bimbo tarantino:

"Quando ci fu il bombardamento,io e mia sorella ci trovavamo all'asilo delle suore del Sacro Cuore. Mia madre,da via Mazzini 191,si precipitò verso di noi e la bomba la sfiorò esplodendo a poca distanza. Mia madre raccolse questa scheggia rovente e la conservò per ricordo"

Scheggia di bomba sganciata su Taranto da aereo inglese in località "Tre Carrare" in ora diurna.


Ricerche in atto per risalire alla data esatta del bombardamento.

venerdì 23 settembre 2011

Marinaio Rocco Arena, classe 1921 - Mediterraneo Orientale

La Nave Avviso Veloce "Diana"


Oggi è arrivata la lettera  del Commisariato Generale  Onoranze Caduti in Guerra in risposta ad una mia richiesta per conoscere gli eventi che causarono la dipartita del mio prozio. Ecco un estratto:

"Le comunico che, agli atti  di questo Commissariato Generale, il Marinaio Rocco ARENA risulta disperso nel Mare Mediterraneo Orientale, dal 29 giugno 1942, in seguito all'Affondamento  dell'imbarcazione "Diana" su cui prestava servizio..."

 
Il Monumento ai Caduti del Comune di Scilla

L'episodio in riferimento è il seguente:
Alle 11.25 del 29 giugno 1942, mentre era in navigazione alla volta di Tobruk con a bordo, oltre all’equipaggio, 4 ufficiali e 293 tra sottufficiali (in maggioranza) e marinai del Corpo Reali Equipaggi Marittimi (si trattava del personale del Comando Marina di cui era prevista la ricostituzione a Tobruk, città di recente riconquistata dalle forze dell’Asse) il Diana fu avvistato dal sommergibile britannico Thrasher, ad otto miglia di distanza, in posizione 33°21’ N e 23°20’ E. Alle 11.44 il Thrasher lanciò sei siluri da circa 550 metri di distanza: colpito da due o quatto siluri (il sommergibile inglese rivendicò infatti non meno di quattro armi a segno), il Diana s’inabissò rapidamente nel punto 33°30’ N e 23°30’ E (75 miglia a nord del Golfo di Bomba, in Cirenaica), trascinando con sé i tre quarti degli uomini a bordo. Alcune motosiluranti di scorta, dopo aver infruttuosamente attaccato il Thrasher, prestarono i primi soccorsi.

Fonte Wikipedia  
http://it.wikipedia.org/wiki/Diana_%28avviso%29






mercoledì 21 settembre 2011

Carabiniere Carmine Attilio Giardinelli , classe 1923 - Fronte russo

Il seguente articolo è frutto di una mia intervista al Sig. Giardinelli risalente a quando ero suo inquilino, la stessa intervista, con piccole modifiche e aggiunte, è già da tempo on line in un altro sito che si occupa della Campagna di Russia, da questo sito ho tratto la foto che postato.
Carabiniere A.C.Giardinelli 3°Plotone 2^ Compagnia

L’Addestramento
I primi di agosto 1942 fui destinato al XXVI Battaglione CCRR al centro di mobilitazione di Bologna, qui ricevetti l’addestramento necessario ad affrontare le fatiche che avremmo trovato una volta in Russia.
 La caserma nel centro di Bologna era composta da varie camerate, piuttosto scomode in verità, i letti altro non erano che teloni da tenda ripieni di paglia, quindi in pratica dormivamo per terra,ma nessuno di noi si sarebbe lamentato se avesse saputo effettivamente quello che gli aspettava.
Una volta alla settimana affrontavamo una marcia forzata di 40 Km con l’equipaggiamento completo che gravava sulle spalle ( circa 40 Kg); gli altri giorni invece delle marce eravamo impegnati negli addestramenti presso il poligono di tiro. Il rancio veniva confezionato nella caserma e consumato nelle gavette, queste avevano una capienza di due litri…ma non mi ricordo di averne vista mai una completamente piena.
La Partenza e il Viaggio
In quella caserma siamo rimasti circa al 20 settembre del ’42 dove fummo inquadrati con tutta l’attrezzatura necessaria per la campagna di guerra, con la banda in testa alle colonne arrivammo alla stazione ferroviaria di Bologna ( Piccola velocità)
Arrivati sul posto delle  Giovani Fasciste ci distribuirono sigarette e altri generi come cioccolata e caramelle. Fummo alloggiati su carri bestiame sui quali vi era la scritta: “cavalli otto - uomini quaranta” all’interno dei quali vi erano solo delle panche e una stufa a carbone. La notte del 20 settembre partimmo per raggiungere il fronte Russo il percorso che il treno seguì fu il seguente: Bologna-Verona-Bolzano (dove ci venne distribuita frutta , e ci furono donati ancora alcuni pacchetti di  sigarette) e proseguimmo per il Brennero dove la sera del 21 settembre lasciammo l’Italia,  da li raggiungemmo Innsbruk procedendo quindi verso Vienna dove rimanemmo fermi per un intera giornata.
Il rancio giornaliero era composto da un pacco di gallette per militare e una scatola da 250 grammi di carne da dividere tra due militari. Dal momento in cui lasciammo l’Italia ogni qualvolta il treno si fermava, in qualsiasi punto, l’ordine era di far scendere dal carro due militari armati per ogni carro, ciascuno da un lato per scongiurare un eventuale attacco al treno da parte dei partigiani.
Da Vienna proseguimmo verso Praga allora capitale della Cecoslovacchia da qui proseguimmo per Leopoli (29 sett.1942 ?) lungo il tragitto la popolazione  ci venivano incontro per avere sigarette e altri generi in cambio di patate, da Leopoli dove fummo fermi una giornata proseguimmo per Kiev dove arrivammo la notte, il treno avrebbe dovuto proseguire attraversando il ponte sul Dnieper, ma dovette arrestarsi e tornare in stazione perché i partigiani avevano minato il ponte facendone saltare una parte, rimanemmo fermi due giorni nei quali i Tedeschi ripararono il ponte, la sera verso le 22:00 proseguimmo per Karkov da la ancora per Kupiansk (la notte del 7 ott. 1942) dove il treno, la notte del 7 ottobre 1942,  si fermò, poiché la ferrovia terminava.
Rimanemmo a Kupiansk accampati in una casa fuori dal paese e fummo  impiegati nel sorvegliare un ponte ferroviario fatto saltare anche esso dai partigiani e riparato in seguito dai Tedeschi.
Dopo circa 15 giorni partimmo per Starobelsk dove fummo impegnati per difendere le linee ferroviarie, stazioni e ponti della zona (alloggiando nei carri ferroviari) In una mattina intorno al 20 di dicembre fummo avvertiti da un nostro motociclista di rientrare subito a Starobelsk, li ci fermammo due giorni e il 23 dicembre fummo trasferiti su camion a Belowodsk , da dove raggiungemmo il  fronte che distava circa 30 Km.

Attività al fronte
Qui combattemmo in prima linea in aperta campagna, la mattina del 26 il Carabiniere Santucci Luigi fu colpito alla testa da un proiettile e morì mentre il S.Tenente Orsini (o Ursini) fu ferito ad una gamba. Lo stesso giorno occupammo il paese di Kurjatsckjewka , le truppe tedesche combattevano sul lato destro del fronte in un settore separato da quello delle truppe italiane, i combattimenti in genere si svolgevano lungo le strade  e nei paesi, in aperta campagna non era possibile transitare o combattere perché c’era uno strato di neve alta un metro.
 In quella zona del fronte si faceva  perlopiù guerra di trincea intervallato da qualche sporadico attacco, solo i Russi, con i mezzi corazzati, di notte facevano delle puntate tornando velocemente indietro, in una di queste occasioni venne falciato il plotone comandato dal Maresciallo Attolini.  La casa dove i Carabinieri alloggiavano fu colpita da una cannonata e i militi fuoriusciti furono uccisi a fucilate, si salvarono in questa occasione due carabinieri che vennero presi prigionieri, un militare riuscì a fuggire mentre era in fila per essere fucilato e un altro Carabiniere addetto al trasporto della canna  della mitragliatrice modello “Breda” 37 tentò con successo la fuga  facendo ritorno a piedi al comando del Battaglione e avvertì dell’accaduto.

Nei primi di gennaio ci portarono a far servizio lungo una strada che andava verso il fronte per evitare che i russi  piazzassero delle mine in modo di impedire il passaggio dei mezzi corazzati tedeschi, detta strada si trovava nella zona neutrale del fronte,vi era un dosso dietro il quale vi erano i Russi.
il 6 gennaio il Capitano Masella Tommaso, comandante della Compagnia, venne ad ispezionarci, era una giornata di sole guardando verso il dosso notai un oggetto scuro a distanza di circa 200 m che si muoveva, spinto dalla curiosità percorsi  carponi il fossato che fiancheggiava la strada aggirando l’oggetto scuro che si rivelò essere in binocolo di due  graduati Russi in tuta mimetica invernale che ci stavano spiando,  intimai loro la resa e li condussi prigionieri dal Capitano. Quando raggiunsi il Capitano con i prigionieri, i Tedeschi pretendevano che i prigionieri gli fossero consegnati e per poco non si venne alle armi, a questo punto il Capitano fece salire sul camion che era li presente i due prigionieri e due Carabinieri di scorta.
In questa occasione il Capitano Masella prese gli appunti del caso per fare una proposta di ricompensa al sottoscritto.
 Da qui partimmo verso un altro paese rimanendo sempre in prima linea dove c’erano anche i Tedeschi  (verso il 7 -8 gennaio del 1943) il nostro compito era quello di sentinelle, il servizio di sentinella era diviso in un ora di guardia e un’ora di riposo in un’abitazione questo a causa dl freddo; ricoprimmo questo incarico fino alla data del 17 gennaio del 1943.

La Ritirata
 La mattina del 17 i Tedeschi cominciarono a ritirarsi, noi siamo rimasti a presidiare il paese fino alla sera( ore 22:00).
Nel pomeriggio i russi cominciarono a sparare e alle ore 22 del 17 arrivò un camion, uno SPA38, per portarci via. Senonché il camion si fermò, non ne voleva sapere di ripartire. , i Russi facevano un continuo fuoco, a questo punto i militari tentarono di farlo ripartire spingendolo, allora io ed  il carabiniere Di Prizito Emilio con le armi in dotazione ed un fucile mitragliatore e un Parabellum requisito ai Russi rispondemmo al fuoco per far credere ai Russi che nel paese vi era ancora resistenza, nel frattempo misero nuovamente in moto il camion e così ripartimmo alla volta del Comando Battaglione.
Arrivati a Beldowodsk con lo stesso camion ripartimmo alla volta di Starobesk ma il camion si fermò nuovamente lasciandoci appiedati e da qui fummo costretti a marciare verso Kupiansk quindi verso Karkov, da qui sempre in marcia ci dirigemmo verso Haktirk , Romn e via via tutti i paesi fino a Gomel dove fummo impegnati nello scovare gruppi di partigiani nascosti in un bosco vicino, da qui verso Klinzi punto di raccolta  delle truppe italiane in ritirata. Il vitto ci veniva offerto  dalle famiglie russe che ci ospitavano la sera nei villaggi. Durante la ritirata a piedi incontrammo il Generale Comandante delle Forze italiane in Russia Gariboldi che ci salutò lasciandoci poco dopo  dicendoci di marciare inquadrati durante la ritirata; nevicava tutti i giorni e le bufere di neve ci coglievano  impreparati rendendo la marcia  difficoltosa essendoci il più delle volte neve alta fino al ginocchio.
A Klinzi rimanemmo circa due mesi prima di ritornare nuovamente a Gomel dove prendemmo il treno per Minsc e finalmente quello per l’Italia.

Nuovamente in Italia
Giungemmo a Tarvisio e poi a Bologna al centro di mobilitazione dove fui destinato alla legione di Ancona la quale legione mi destinò a Pescara dove rimasi circa un mese e mezzo, in seguito fui mobilitato e trasferito nuovamente ad Ancona nel Nucleo Difesa Costiera durante questo incarico mi ammalai di paratifo e fui ricoverato all’ ospedale Piazza d’Armi dal mese di agosto  fino a novembre, dopodiché trascorsi la convalescenza a Chieti. Nel mese di Giugno del 1944 mi ripresentai al Comando, fui destinato dapprima a Teramo e poi a Livorno per prestare servizio di vigilanza assieme agli Americani agli oleodotti che dal porto di Livorno arrivavano fino al fronte.


L’equipaggiamento 
Era costituito da scarpe militari inadeguate al clima russo sopra alle quali erano avvolte fasce di colore grigio-verde fin sotto il ginocchio, l’unico indumento valido era il cappotto  foderato di pelliccia datoci in dotazione in Russia, eravamo  male armati con  moschetti 91/38 a ripetizione con baionetta, sprovvisti di pistola che veniva data in dotazione solo a coloro che adoperavano armi automatiche.
Molto spesso accadeva che le armi si inceppassero poichè il grasso che le avrebbe dovute lubrificare si ghiacciava rendendole inservibili dopo il primo colpo 
Cibo  
Rancio giornaliero: cattivo e scarso, composto da un pacco di gallette al giorno e una scatoletta di carne da 250g da dividere tra due militari. Il rancio che raramente veniva preparato consistevà il più delle volte in una minestra di cicorie secche ed una manciata di riso.

domenica 8 maggio 2011

Capitano Antonio Zaccardi, classe 1916 - Fronte greco

Il corso ufficiali
Frequentò la scuola allievi Ufficiali a Modena dalla quale usci con il grado di Sottotenente. Fu in seguito destinato al 14 Reggimento Pinerolo con sede a Chieti, da qui trasferito a Campobasso presso un battaglione mitraglieri con il grado di Tenente.

La Guerra
Nel 1940, allo scoppio delle ostilità, partì con una tradotta verso il fronte occidentale dove ebbe il battesimo del fuoco, il treno fu infatti ripetutamente mitragliato dall'aeronautica francese e i soldati italiani non poterono neppure rispondere al fuoco poiché erano stati mandati verso il fronte senza munizioni, con la promessa che avrebbero trovato il necessario in prima linea.
Dopo l'esperienza del fronte la Pinerolo partecipo alle manovre che si svolsero nel mese di settembre presso Modigliana (Faenza) In seguito fu destinato a Vasto.
Il Principe Umberto di Savoia fa visita all'Esercito alle Manovre presso Modigliana

Al centro il Ten. Antoni Zaccardi

Il fronte Greco
Alla fine del 1940 Partì da Vasto (CH) in direzione di Bari dove soggiornò  presso il Policlinico, all'epoca in costruzione, da qui si imbarcò per Durazzo, partendo il giorno prima che salpasse la nave con le salmerie che fu però affondata.
La Pinerolo fu destinata nel 1941 al fronte jugoslavo, a Lamya italiani e tedeschi dividevano una caserma che fu dell'esercito ellenico, i tedeschi giunsero in soccorso delle truppe italiane in seguito al contrattacco greco che aveva minacciato di ricacciarli in mare i militi a causa della cattiva organizzazione delle operazioni militari in Grecia.
Successe in quei giorni che i partigiani greci (Antartes) avessero ucciso dei soldati italiani, fu ordinato allora al Capitano Zaccardi di recarsi presso il centro abitato e raccogliere tutti gli individui di sesso maschile sopra i 16 anni, obbedendo all'ordine ricevuto il Capitano fece circondare il paese e radunò tutti i ragazzi e gli uomini...tra di essi vi era un anziano che, in ginocchio, implorò l'ufficiale spiegandogli in lacrime che era estraneo a quanto avvenuto. Il capitano lasciò libero l'uomo firmando una sorta di salvacondotto e ripartì verso il comando con i prigionieri.
Qui il comandante del I battaglione, Maggiore Castrenzo di Prima, partecipò personalmente all'interrogatorio dei greci cercando di farsi dire dove fossero le armi, in un primo momento non ottenne risultati, decise perciò di intimorire i prigionieri sparando con la propria Beretta prima alcuni colpi in aria e poi ai piedi degli interrogati senza l'intenzione di ferirli, allorché nei giorni successivi cominciarono ad affluire al comando le armi più svariate.

 
 Fronte- Dirimpetto Quota 731 e monastero -10\03\1941
A Trikala Un ex compagno di corso del Maggiore di Prima,invidioso della carriera dell’Ufficiale denunciò segretamente quanto avvenuto sostenendo che quel comportamento avrebbe generato una rivolta tra i Greci. Venuto a sapere ciò di Prima ordinò ad alcuni soldati di recarsi nottetempo nel villaggio con delle precise disposizioni, e così , all'indomani, giunto il generale De Stefanis , la popolazione locale accolse l’ alto ufficiale al grido di "zitò Stratigòs" viva il Generale, omaggiandolo di fiori e uova; inutile dire che dietro i villici ogni tanto si vedeva un soldato che assicurava che l'entusiasmo non scemasse.Con questo stratagemma di Prima si assicurò carta bianca da parte del Generale che rimase favorevolmente colpito dalla calorosa accoglienza.Il Maggiore di Prima era amato dai propri uomini, il capitano Zaccardi ricorda che, di ritorno da estenuanti marce, al momento di tornare in città faceva requisire alcuni carri sui quali caricava i pesanti zaini dei soldati che poi li riprendevano al rientro in città, cosicché al momento dell' "attenti a destra" al Comando Generale i propri uomini erano impettiti e vigorosi a differenza degli altri soldati italiani.
Nei giorni successivi Di Prima ordinò che per una azione notturna i soldati avessero le armi senza il colpo in canna, per evitare spari accidentali e sorprendere il nemico, accadde però che un soldato della compagnia del Capitano Zaccardi lasciò partire un colpo e subito iniziò uno scontro a fuoco praticamente alla cieca, il comandante allora scoperto a chi fosse subordinato il colpevole riversò sul di lui tutta la sua rabbia arrivando a dire: “Capitano per quanto mi riguarda voi siete morto”. Di Prima,però,  si ricredette presto, infatti, durante un’altra operazione notturna il Cap.Zaccardi corse in soccorso del superiore che era rimasto isolato con pochi altri uomini e lo trasse in salvo, da quel giorno lo volle sempre al suo fianco, anche in quei giorni in cui il povero Capitano era in licenza.

L’Armistizio
In seguito all’armistizio dell’8 settembre del 1943 la Pinerolo si ritirò sulle montagne del Peloponneso chiedendo ospitalità agli Antartes, i partigiani che fino a poco prima combattevano strenuamente.
I partigiani aiutavano i soldati italiani  regalando loro pane e altri generi alimentari, ma , all’inizio, vi era diffidenza tra i due gruppi. La situazione migliorò poiché i Partigiani spesso avevano bisogno di cure mediche, e di questo si occupava un Tenente di Sanità, i Greci consideravamo meglio preparati i medici italiani ,  che ripagavano con farina, patate e fagioli.
Ai soldati italiani inizialmente non fu permesso di combattere contro i Tedeschi al fianco dei Greci, e questi ultimi subirono, anche a causa della mancanza di armi, alcune sconfitte in un primo tempo.
Gli italiani si erano insediati preso una località turistica, organizzando il loro campo grazie ai teli tenda in dotazione, qui  si guadagnavano da vivere lavorando la terra. Dopo qualche tempo agli ufficiali venne data una sterlina d’oro al mese, e con quell’obolo riuscivano a pagarsi il soggiorno nelle case dei  Greci.
In seguito gli Italiani combatterono al fianco dei Greci , ed una volta, di ritorno da un giro di perlustrazione, catturati dei tedeschi, i mitraglieri del Cap. Zaccardi si imbatterono in un uomo chino sotto il peso di un grande zaino e ammantato dal proprio pastrano. L’uomo visti i soldati corse loro incontro e riconosciuto il Capitano lo abbraccio e lo bacio; era il vecchio che aveva lasciato libero nei pressi di Lamya, l’uomo per riconoscenza volle cucinare per gli uomini del Capitano.
Poiché i Tedeschi si erano ritirati, gli Italiani , da Analipsis, riuscirono a raggiungere Patrasso, qui ,già da prima della guerra, risiedevano molte famiglie italiane e presso una di queste soggiornò il Capitano, dopo tanti mesi poté cambiarsi d’abito, una donna infatti gli dono la giacca di un Colonnello suo cognato, che, benché smostreggiata, lasciava intuire i gradi sul paramani a causa dell’alone lasciato dagli stessi, cosa che incuriosiva e stupiva i Greci che vedevano un così alto grado attribuito ad un ufficiale tanto giovane.
Qui  il Capitano fece un accordo con un pescatore che, all’indomani lo avrebbe portato, al costo di una sterlina d’oro, a Corfù, da dove si sarebbe imbarcato alla volta dell’Italia. Il mattino dopo il Cap. Zaccardi arrivò con pochi minuti  di ritardo e vide il peschereccio allontanarsi per poi saltare in aria, aveva infatti toccato una mina subacquea, così l’ufficiale ebbe salva la vita.
Nei giorni seguenti una nave cisterna arrivò a Patrasso, un tale Ferretti e un uomo di nome Viola Nicola si offrirono di riportare il milite in Italia con la petroliera..
Il comandante della Nave cisterna nascose il capitano nella propria cabina poiché non avrebbe potuto portare nessuno in quel viaggio, e la nave partì alla volta dell’Egitto dove la petroliera avrebbe dovuto liberarsi del proprio carico. Qui fu presa d’assalto da altri Italiani desiderosi di tornare in patria, ma il comando inglese, contrario, fece scendere tutti, salvo poi dare il contrordine un ora dopo, la nave scortata da una Dragamine fece rotta per l’Italia.
Arrivati a Santa Maria di Leuca puntarono su Taranto e qui sbarcarono, vennero pagati gli arretrati degli stipendi e il capitano ricevette 150.000 lire, una cifra considerevole, prima della guerra, ora la lira era svalutata e il Capitano se ne accorse nel momento di acquistare una saponetta che costava ora 40 lire contro le 2 del periodo precedente.
Venuto a sapere che l’Abruzzo era ormai libero si mosse, a piedi, in direzione di Termoli per poi passare da Larino e infine giungere a Campo Basso.
Da Campo Basso prese un camion che lo portò a Trivento, dove trovò un contadino che per 15-20 lire lo porto a dorso d’asino a Belmonte, era la fine di Novembre.
Nelle campagne intorno al suo paese saluto dei contadini che stavano mangiando e questi lo salutarono ridendo, giunto in paese non incontrò nessun viso familiare e neppure sapeva  se i propri cari fossero ancora vivi o meno.
Giunto a casa bussò, un contadino apri la porta, e la madre potè rivedere il proprio figlio partito anni prima per la guerra e di cui da più di un anno non riceveva alcuna notizia.
Tempo dopo Il capitano Zaccardi scoprì che al suo ingresso in paese i contadini ridevano di lui perché, a loro dire, assomigliava ad uno spaventapasseri.
Il Dopoguerra
Nel 1955 il Capitano venne richiamato in servizio inviato a Trani e poi a Bisceglie dove partecipò ad un esperimento, armare una Divisione in 36 ore e renderla pronta al combattimento, per questa operazione ricevette la promozione a Maggiore.




martedì 3 maggio 2011

Questo Blog nasce con l'intenzione di ricordare coloro che, in tempi diversi, hanno vestito la divisa del Regio Esercito e delle altre Armi durante il periodo del Regno d'Italia; uomini che, nel loro piccolo, hanno fatto la storia, in guerra e in pace. Il sito, pertanto, non ha alcuno scopo politico e non saranno tollerati commenti faziosi!