venerdì 2 marzo 2012

Sottocapo Cannoniere P.S.M. Ugo Seidenari, classe 1917 - Battaglia di Punta Stilo

 Per la seguente storia devo ringraziare la Signora Monica Montano, per la gentilezza e la disponibilità con le quali mi ha fornito il dettagliato resoconto delle ultime ore del Marinaio in questione e per aver messo a disposizione l'uniforme dello stesso.


Ugo Seidenari nacque a Pordenone, in Friuli, il 7 novembre del 1917, ultimo di dieci fratelli e sorelle, perse la madre poco dopo la sua nascita. Cresciuto dalla sorella Elisa che le trasmise l’amore per la lettura, crebbe sereno, ma con un unico sogno entrare a far parte degli equipaggi della Regia Marina. Pochi mesi dopo il suo diciottesimo compleanno, lasciò la casa paterna, alla volta di Genova dove si arruolò (primi mesi 1936). In qualità di volontario venne inviato alla Scuola Corpi Reali Equipaggi Marittimi (C.R.E.M.) di Pola come allievo Cannoniere.  Alla fine del 1936 terminato il corso di specializzazione, con la qualifica Cannoniere Puntatore Scelto Mitragliere, finalmente era quello che aveva sempre sognato di essere un Marinaio. Prima destinazione d’imbarco Genova su Nave da Battaglia Giulio Cesare (Corazzata) che stava ultimando i lavori di ammodernamento.
Allo scoppio della guerra l’Unità era in Albania, rientrò a Taranto e venne inquadrata nella V divisione diventando l’Ammiraglia della Flotta. A bordo l’ormai Sottocapo Ugo Seidenari, oltre a svolgere gli incarichi propri della sua categoria, aveva l’incarico di postino di bordo.
Ugo era un Puntatore Scelto, e all’inizio di quella, che sarà ricordata come la Battaglia di Punta Stilo, era al suo posto, sul seggiolino di una delle otto 37/54 mm poste sul lato dritto, (centro nave nei pressi dei fumaioli). Nel primo pomeriggio un attacco di aerei siluranti e bombardieri aveva impegnato le batterie contraeree, con l’abbattimento di cinque velivoli britannici, ma era solo l’inizio.
Inizia la battaglia scambi di colpi tra le navi da battaglia da entrambi gli schieramenti, da subito i colpi del Cesare inquadrano il bersaglio, anche grazie alla maestria del primo direttore del tiro Giulio Cipollini, (campione della Squadra Navale di tiro d’artiglieria), il tiro dei 320 mm è efficace, e danneggia due caccia Britannici, (Hereward e Decoy).

 
 I Britannici mettono a segno un colpo proprio sul Giulio Cesare un proietto da 381 mm “inciampa” sul fumaiolo di poppa, lo oltrepassa da dritta a sinistra ed esplode sul ponte di tuga investendo la torre del medio calibro incendiando la casamatta dell’impianto, danneggiando i condotti della nafta, causando lo spegnimento di quattro delle otto caldaie, la velocità scende di colpo da 25 a 17 nodi.
Nell’imediato si contano 45 morti 60 feriti gravi, l’incendio divampa, le squadre di soccorso e anti incendio lo combattono, per allontanare le fiamme dalle riservette, se esplodessero sarebbe la fine anche per i soccorritori e per la nave.
Di tutto questo il Cannoniere Seidenari è spettatore, il colpo nemico è passato sopra la sua testa, è dall’altro lato della nave, nessuno gli chiede di fare nulla se non rimanere al proprio posto la sua postazione è intatta.
A questo punto lascio la descrizione degli ultimi momenti di vita del Sottocapo Seidenari alle parole riportate dette ad alcuni suoi amici da Capo Minerbi, “Quand’è arrivato il colpo Ugo era con lui (Capo Minerbi) sul lato dritto, era salvo, poteva starsene li dov’era, invece, ha lasciato il seggiolino della mitragliera per guardare sull’altro lato. Ha gridato <<Le riservette>> e prima che riuscissero a fermarlo ha preso un paglietto, e si è messo a correre, se buttato sopra il cassone che le fiamme attaccavano. Era al centro del fuoco e picchiava sul cassone per scaricare a mare le munizioni.” E’ l’ultima immagine del Sottocapo Seidenari che hanno i suoi amici, i quali lo ritroveranno a terra sul ponte di tuga insieme ad altri quattro corpi.
Verrà riconosciuto dal suo piastrino, e dalla medaglietta d’oro regalo della sorella Elisa con una madonna e la scritta “Ti protegga sempre”.
Per questo atto Il Sottocapo Cannoniere P.S.M. Ugo Seidenari è stato decorato con Medaglia d’Argento al Valor Militare e Croce di guerra.
A Messina vennero officiati funerali solenni, per le 72 vittime, attualmente il Sottocapo Cannoniere Ugo Seidenari riposa nel Sacrario di Staglieno Genova. 
Messina - I Funerali dei Caduti di Punta Stilo
 
Nota:
Ugo Seidenari,  parlando dell’imminente scontro con un amico, disse: “Il Comandante ha detto che una battaglia navale moderna dura al massimo un’ora. A conti fatti ogni cosa dovrebbe essere liquidata per le cinque. Chi arriva sano e salvo alle cinque di questa sera è a cavallo.”
L’amico che raccolse questa affermazione, è lo stesso che lo ritrovò cadavere sul ponte di tuga, e ricordando le sue parole guardò l’orologio, erano da poco trascorse le cinque.

L'uniforme di Ugo Seidenari


lunedì 20 febbraio 2012

Tenente Alfani Ernesto, classe 1881 - 8° Artiglieria da Fortezza di Osoppo.


Ernesto Alfani , figlio di Vincenzo ed Elvira Nini, nacque  il 24 marzo 1881 a Napoli .


Il 6 maggio 1915 viene nominato Sottotenente di Milizia Territoriale Arma di Artiglieria da Fortezza ed assegnato all’8° Reggimento Artiglieria da Fortezza con l’obbligo di prestare in questo il prescritto servizio di prima nomina.
 
Fu destinato al Deposito dell’ 8° Artiglieria da Fortezza  di Osoppo.
 
Il 5 marzo 1918, con la 251° Batteria assedio 84° gruppo partecipa ad un corso per Ufficiali di Artiglieri presso la 10a Armata Francese. Il 16 maggio 1918 viene promosso Tenente e destinato alla 26a Batteria d’Assedio, da qui al 59° raggruppamento Assedio e quindi alla 424a Batteria del  136° Gruppo Assedio.  Collocato in congedo il 7 febbraio 1919.
 
Dopo la prima guerra mondiale riprese il suo incarico di Preside nei Reali Licei, in Italia e presso la scuola italiana di Tangeri in Marocco.
Fino alla sua morte avvenuta il 14 agosto del 1942 fu ufficiale nella Di.C.A.T., la Difesa Contraerea Territoriale della MVSN nella quale arrivò a ricoprire il grado di Seniore ,corrispettivo di Maggiore nel Regio Esercito.
 

giovedì 9 febbraio 2012

MBVM Giovanni Battista Acanfora, classe 1905

Una foto del Capitano che indossa l'uniforme mod. 902 con le mostrine del 9° Reggimento "Regina"
Il seguente resoconto è tratto da un libretto  che la famiglia del defunto Ufficiale fece stampare per tramandare ai posteri le gesta di questo coraggioso. Libretto che ho avuto la fortuna di recuperare assieme ad una sua uniforme.
Giovan Battista Acanfora nacque a Militello, in Sicilia, il 25 ottobre del 1885, suo padre era un Ricevitore del Regno e, per seguire il padre nel suo ufficiò, si trasferì con il resto della famiglia  a Taranto.
Ancora in giovane età perse l’affetto del padre e,ormai a guida della numerosa famiglia, condusse  virtuosamente i propri studi ,dai quali aveva come unica distrazione quella di simulare antiche battaglie con isoldatini di piombo e  di combattere scherzosamente in compagnia dei propri amici che spesso comandava come piccolo ufficiale.
Sempre a Taranto consegui il diploma liceale presso l’istituto “Archita”, nel 1905 si iscrisse all’Accademia Militare di Modena dalla quale, nel 1907, uscì col grado di Sottotenente, e destinato al 29° Reggimento Fanteria.
Prestò servizio, distinguendosi, durante il terremoto calabro-siculo del 1908 e durante l’epidemia colerica a Barletta. Il 31 dicembre del 1910 fu promosso Capitano e con questo grado gli furono assegnati incarichi di responsabilità che lo videro  ufficiale della compagnia di disciplina a Francavilla Fontana e poi  comandante delle carceri militari di Piacenza e Bari.
Allo scoppio della guerra in Europa si trovava a  Taranto, presso il 9° Reggimento Fanteria “Regina”  e, pur non essendo attivo  nel promuovere l’intervento  dell’Italia in quello che sarebbe divenuto il primo conflitto mondiale, cosa che il suo incarico gli impediva, non nascondeva le proprie idee irredentiste.

L'uniforme del Cap. Acanfora

Celando un difetto organico, che gli avrebbe permesso di essere esonerato dalle fatiche di guerra,  partì con il 139° Reggimento per il fronte.
Giunse l’ordine di espugnazione  del San Michele. Il 139°, che stava nelle retrovie,  doveva passare agli avamposti per  appoggiare altri reggimenti, che già si erano impegnati nella mischia. Dopo tre giorni di marcia, senza che il reggimento fosse adeguatamente rifornito, il Capitano Acanfora giunse a destinazione.
All’alba del 25 luglio del 1915 il 139° , senza aver riposato, entrò in azione, il Capitano Acanfora con la sua compagnia operò nel primo assalto alle trincee austriache. 

Quanto segue è tratto dal resoconto della battaglia narrato dai testimoni e riportato nel libretto commemorativo sopra citato:

Ferito la prima volta al braccio destro passò l’arma alla mano sinistra , come asseriscono o testimoni del suo valore, e continuò ad eccitare i soldati alla gloria ed alla pugna. Il suo eroismo fu domato, ma non vinto, da una palla a scoppio usata dai calpestatori delle leggi internazionali, palla che, avendolo colpito  alla coscia destra, circa dieci centimetri sopra la rotella del ginocchio, produsse tale frattura dell’arto, che l’eroico Capitano cadde, per non più rialzarsi. Alcuni suoi Soldati cercarono di trarlo da quel luogo divenuto infernale, per condurlo al più vicino posto di medicazione, che  era però ben lungi, laggiù, a valle, ma Egli non volle e preferì che i suoi lo vendicassero, piuttosto che si sottraessero alla mischia.
E “qui bisogna coprirsi di gloria  o morire tutti” furono le sue incoraggianti ultime parole. La mischia durò per altre lunghe ore, micidiale, e, quando alla sospensione del fuoco le barelle dovevano raccogliere i feriti, GIOVANNI ACANFORA, che aveva baciato la bandiera prima che questa da lui si allontanasse, fu trovato cadavere, con il volto atteggiato, non a terrore, ma a sorriso, come se lieto fosse rimasto della sua fine.

La seguente è, invece, la motivazione con la quale fu decorato della Medaglia di Bronzo al Valor Militare:

Dopo tre giorni di azioni di fuoco, compiute dalle trincee, condusse con slancio ed ardimento la sua compagnia all’assalto delle posizioni nemiche. Cadde valorosamente, alla testa del reparto, sul ciglio della posizione conquistata.
Monte S. Michele, 26 luglio 1915

La morte del Capitano Acanfora fu accolta  a Taranto, sua città d’adozione, con vero cordoglio, il suo nome venne inciso sulla lapide del Liceo “Archita” insieme a quelli degli studenti caduti sui campi di battaglia.
Molti anni dopo la città lo onorò intitolando a lui un istituto scolastico, ancora oggi esistente, ed una piazza.